Tutte queste sono “etichette” ambientali esistenti, classificate secondo le norme UNI EN ISO in tipo I, II o III. Sono etichette ecologiche volontarie o obbligatorie, basate sulle caratteristiche del prodotto, sul suo ciclo di vita, sul rispetto di valori di soglia, sulla biodegradabilità, la riciclabilità, la naturalità, l'atossicità, le emissioni, i consumi...
Sono numerose, molte di più di quelle rappresentate in questo post; si applicano alle materie prime, agli arredi e ai prodotti tecnologici e permettono alle aziende di certificare l'ecosostenibilità dei propri prodotti, ed ai consumatori di orientarsi verso scelte consapevoli. Nel momento in cui, però, materie prime, prodotti ed arredi vengono composti assieme ed utilizzati per un allestimento, uno stand, una fiera... questo genere di certificazione perde di efficacia. In pratica, non esiste una eco-sostenibilità applicata al mondo dell'allestimento temporaneo, se non in maniera parziale.
Sono numerose, molte di più di quelle rappresentate in questo post; si applicano alle materie prime, agli arredi e ai prodotti tecnologici e permettono alle aziende di certificare l'ecosostenibilità dei propri prodotti, ed ai consumatori di orientarsi verso scelte consapevoli. Nel momento in cui, però, materie prime, prodotti ed arredi vengono composti assieme ed utilizzati per un allestimento, uno stand, una fiera... questo genere di certificazione perde di efficacia. In pratica, non esiste una eco-sostenibilità applicata al mondo dell'allestimento temporaneo, se non in maniera parziale.
Questo per due ordini di ragioni. Il primo va rintracciato nella natura delle certificazioni in oggetto: trattandosi infatti di etichette che marchiano un singolo prodotto o materiale è logico che l'attenzione del certificatore sarà puntata sulle caratteristiche intrinseche e sui sistemi di produzione dell'oggetto stesso. Come e dove verrà utilizzato il materiale o l'arredo in seguito alla vendita esula dalla sua competenza. La seconda ragione è legata alla complessità di una eventuale certificazione del prodotto-allestimento. In effetti, in questo caso, è inappropriato parlare di certificazione ambientale: sarebbe decisamente più corretto ragionare di controllo del livello di eco sostenibilià del processo di produzione, uso e dismissione dell'allestimento.
Un esempio può chiarire il concetto. Proviamo ad immaginare un allestimento composto da 200 sedie, 10 pannelli in legno e 5 televisori al plasma. Le sedie hanno certificazione Eco LABEL: nel processo di fabbricazione non sono state usate sostanze contenenti piombo ed il 15% del loro rivestimento proviene da materiale riciclato. Il legno dei pannelli ha etichetta PEFC, cioè proviene al 100% da foreste correttamente gestite. I televisori al plasma appartengono alla classe energetica A++. Bisogna a questo punto domandarsi se le certificazioni dei singoli prodotti bastino a garantire che l'intero allestimento sia sostenibile. È indubbio che l'utilizzo di materiali e prodotti dotati di certificazione ambientale sia alla base di un eco design degli allestimenti; non è tuttavia sufficiente.
Nello sviluppo di un allestimento, infatti, entrano in gioco altri tre macro-fattori. Il primo riguarda l'utilizzo dei materiali e la loro successiva dismissione, con le problematiche legate allo smaltimento (pensiamo ai nostri pannelli con etichetta PEFC: che ne faremo dopo averli utilizzati? Verranno utilizzati ancora? Andranno smaltiti, e in che quantità?). Il secondo prende in considerazione la quantità di energia utilizzata per la produzione dell'allestimento stesso (quanto ho consumato per tagliare i pannelli a misura? La mia attrezzatura era efficiente?), nonché quella necessaria al montaggio e allo smontaggio, ed i consumi per la fruizione (I televisori al plasma sono di classe A++, ma li ho tenuti accesi solo quando era necessario?); il terzo, infine, riguarda le quantità di emissioni legate ai trasporti e alla logistica (le sedie hanno certificazione Eco LABEL, ma per trasportarle fino alla location ho dovuto far viaggiare un mezzo pesante per 50 km...).
Come si vede la questione è complessa, e non può che essere affrontata con l'unico strumento in grado di garantire il controllo complessivo sul prodotto-allestimento: il progetto.
Stiamo perciò indirizzando gli sforzi verso l'affinamento di un metodo univoco di sviluppo e controllo che, tenendo in considerazione tecnologie e materiali, ipotizzi soluzioni di sviluppo progettuale di eco-exhibit design attraverso criteri e metodologie ripetibili.
E' indispensabile una riflessione sulla metodologia progettuale, oltre che sulla ricerca dei prodotti, per incrementare una cultura che possa rispondere con soluzioni adeguate alle istanze di sostenibilità ambientali, e che contemporaneamente riesca a stimolare i soggetti pubblici alla elaborazione di certificazioni univoche ed efficaci.